Redi Hasa. Migrazione, contaminazione, tradimento.

(Questo articolo è stato pubblicato con un altro titolo su Nuovo Quotidiano di Puglia, dicembre 2016)

«Non c’è niente da fare, sono un traditore per natura». Posa archetto e violoncello, riflette nel tempo di un breve silenzio. Migrazione, contaminazione, tradimento: il percorso di Redi Hasa, biografico e artistico insieme, inizia da qui.

«Studio musica sin da quando avevo sei anni – racconta – vengo da una famiglia di artisti, mio padre è stato ballerino al Teatro dell’Opera di Tirana, mia madre ha insegnato violoncello per una vita, mio fratello è pianista. Finito il liceo avrei dovuto frequentare il Conservatorio di Tirana, avevo passato il concorso con 10 e lode, purtroppo però nel ’97 in Albania c’era di fatto una guerra civile, era il blackout totale del Paese. Mio fratello si era trasferito nel Salento qualche anno prima, dopo una tournée con un gruppo di artisti del Teatro dell’Opera. Mi disse: raggiungimi. Ho vinto una borsa al Tito Schipa di Lecce e mi sono trasferito qui».

Ciò che Redi non sapeva, mentre attraversava lo spartito ondulato dell’Adriatico, è che quel viaggio avrebbe “dato il la” a più di un nuovo capitolo della sua esistenza. Tutt’altra musica, è il caso di dirlo, rispetto agli anni giovanili in Albania. «Il sogno di mia madre sarebbe stato vedermi suonare come solista al Teatro dell’Opera, ma sin da piccolo il mio interesse è sempre stato sperimentare con lo strumento – spiega Redi – scoprire quanto in là potevo spingermi. Arrivato nel Salento sono rimasto affascinato dalla produzione musicale, che a mio parere ne fa uno dei posti più avanzati in Italia. Ho iniziato a studiare la musica tradizionale cercando di trovare il cuore della tradizione, per poi farla mia e trasformarla. Il punto è questo: io sono un traditore. Prendo uno spartito, lo interpreto, gli do un mio colore. E questo ho sempre fatto anche nell’approcciarmi alla musica tradizionale, salentina e balcanica».

Nasce così, tra gli altri, la BandaAdriatica, fondata insieme a Claudio Prima ed Emanuele Coluccia, un progetto basato sulla contaminazione tra le due coste adriatiche e tra l’eredità del passato e il serbatoio creativo contemporaneo. E tuttavia, oggi che suona con l’Ensamble di Ludovico Einaudi e il suo percorso è letteralmente disseminato in ogni parte del mondo, Redi ha fatto una scelta di fedeltà: restare a vivere a Lecce. No, non tradirà il Salento, «sono stato contagiato dall’ospitalità e dalla genuinità delle persone, qui non mi sono mai sentito un forestiero», sorride, prima di riprendere archetto e violoncello e continuare a suonare.