Santa Cesarea tra turchi e turisti

(Questo articolo è stato pubblicato con un altro titolo su Nuovo Quotidiano di Puglia, settembre 2015)

Autori e città/3

Nel primo romanzo di Carmelo Bene la storia privata del Maestro, ospite nella casa paterna, trasfigurata nell’immagine di un assedio

Santa Cesarea tra turchi e turisti

Immobile, gli occhi fissi nello specchio, il profilo del volto precisato da un margine di sangue. Più tardi avrebbe apposto una candela ad ambo i lati – avanzo da palcoscenico o piuttosto cero da morto, chi sa. Un uomo si “non si guarda” allo specchio; intorno, un piccolo arsenale di oggetti assurdi delimita i confini di una stanza che non è una stanza, di una casa, anche quella, presa solo a pretesto, di una storia che non può essere contenuta nella dimensione canonica del “c’era una volta”. Per Carmelo Bene, quella casa era tutto fuorché la semplice ambientazione di una storia. Ne era, semmai, la “proiezione”, la sintesi perfetta tra il suo percorso di uomo e il genio d’artista, tra le tracce di un legame di sangue con il Sud e il suo rigetto.

Così, in quell’estate del 1964, la casa di Santa Cesarea Terme si accomiatò dall’immagine ordinaria di proprietà di famiglia per divenire, per tutti e per sempre, lo stra-ordinaria dimensione di “Nostra signora dei turchi”. Continua

La poesia dietro le quinte del palco

(Questo articolo è stato pubblicato su GenerAzioni di scritture, luglio 2015)

Intento dissacratorio, spinta eccedente: “L’ultimo trovatore”, le opere letterarie di Carmelo Bene nello sguardo di Simone Giorgino.

La poesia dietro le quinte del palco

Uomo di teatro, cinesta, istrione televisivo? No, Carmelo Bene è stato prima di tutto un poeta. È questa la tesi con cui Simone Giorgino reinterpreta la produzione del grande maestro dell’arte scenica, tanto discusso quanto – se possibile – indiscusso: L’ultimo trovatore. Le opere letterarie di Carmelo Bene (Milella, 2014).

Ideologicamente de-genere, la scrittura di Bene lo è per intento dissacratorio quanto per spinta “eccedente” rispetto ai tradizionali confini di ambiti comunicativi e generi letterari. Partendo da questo assunto, Giorgino si sottrae alla tentazione di un’analisi dall’afflato universalistico, ma anche alla smania di stabilire nuove, minuziose catalogazioni laddove il Maestro aveva voluto che regnasse il caos, e concentra l’analisi sulle opere esplicitamente licenziate come “racconto”, “romanzo”, “poesia”: Nostra Signora dei Turchi, Credito italiano V.E.R.D.I., Pentesilea. Ovvero della Vulnerabile invulnerabilità e necrofilia in Achille, ‘l mal de’ fiori poema e l’inedito Leggenda. Continua