Eugenio Barba. I cinque continenti del teatro

(Questo articolo è stato pubblicato con un altro titolo su Nuovo Quotidiano di Puglia, ottobre 2017)

Si può parlare di teatro senza riconoscere lo scricchiolio degli assi di un palcoscenico o comprendere la fatica di un training che si prolunga per ore, si può carpire il senso un’opera teatrale senza muovere lo sguardo verso la platea che la ospita, senza pesare i calcoli dei conti? Un insigne storico del teatro, Nicola Savarese, e uno dei più importanti rivoluzionari del teatro del Novecento, Eugenio Barba, si addentrano nello spazio quotidiano, concreto di chi fa teatro, per restituirne la dimensione autentica, in bilico tra spirito e corpo, arte e mestiere. Continua

Gilles Clément: «Mettere in atto lo spaesamento per un nuovo rapporto con la città»

(Questo articolo è stato pubblicato con un altro titolo su Nuovo Quotidiano di Puglia)

Gilles Clément, il paesaggista-filosofo, a Lecce per la quinta edizione degli “Incontri del terzo luogo”

«Mettere in atto lo spaesamento per un nuovo rapporto con la città»

Un prato incolto come un semaforo verde acceso sul territorio della possibilità. Parola di Gilles Clément, il paesaggista-filosofo che ha rivoluzionato il rapporto tra spazio umano e spazio naturale con la proposta di un nuovo sguardo sui luoghi, libero dai relitti della modernità, inedito, «spaesato». “Spaesamenti” è il titolo della quinta edizione degli “Incontri del terzo luogo”, l’atelier delle Manifatture Knos di Lecce ispirato al “Manifesto del terzo paesaggio” di Clément. Ieri l’ultima giornata del laboratorio che ha messo a confronto professionisti, attivisti e comuni cittadini intorno alla domanda aperta sul rapporto tra persone e spazio urbano. “Terzo luogo”, il libro-intervista a cura di Michele Bee che inaugura le Edizioni Knos, recupera ora l’esperienza avviata nel 2012 con la presenza di Clément a Lecce. Da allora, racconta Clément, la città è stata il campo di sperimentazione di un lungo lavoro che ha prodotto “best practice” esportate nel mondo.

Torna a Lecce dal 2012: qual è il bilancio dell’esperienza condotta alle Manifatture Knos?

«Ci sono diversi luoghi ormai in cui ci si occupa della questione del terzo paesaggio, ma ciò che differenzia le Manifatture Knos è che qui si passa direttamente all’azione in modo organizzato. In Bosnia, dove abbiamo un atelier con Paysagiste sans frontiere, bisogna spiegare ai cittadini il nostro lavoro, mentre a Lecce c’è tutto un tessuto sociale per il quale il concetto è più che familiare. Parlo dell’esperienza delle Knos in tutto il mondo, anche perché mi è possibile mostrare le immagini del lavoro concreto portato avanti sin dal 2012. La sperimentazione sulla spianata d’asfalto alle Knos, in particolare, ha ispirato il lavoro in corso a Place de la Nation, nel cuore di Parigi, dove si sta smantellando il manto stradale per far posto a un giardino».

Spaesamenti” è il titolo di questa edizione dell’atelier. Quali spaesamenti avete attraversato, quale bagaglio riportate?

«Per me lo spaesamento è un arricchimento perché ci permette di modificare il nostro sguardo. Il viaggio e lo spaesamento si assomigliano: viaggiare significa comprendere meglio dove si abita quando si ritorna a casa propria. Senza il viaggio molto di questo ci sfugge, perché non abbiamo un punto di confronto. Lo spaesamento gioca lo stesso ruolo. A differenza del viaggio, tuttavia, ci si può spaesare semplicemente lavorando sullo sguardo, anche senza spostarsi».

Le cave di Borgo San Nicola sono state un laboratorio privilegiato. Che cosa è avvenuto?

«Siamo riusciti a entrare in dialogo con gli abitanti, e poco alla volta a far accettare loro questo spazio, viverlo con i loro bambini e i loro cani. Eppure all’inizio lo consideravano un luogo ostile, pieno di rovi, una discarica, avrebbero voluto piuttosto dargli fuoco. Oggi, lo spazio più brutto resta quello che in teoria è stato sistemato, con il campetto e le griglie».

Si tenta di riqualificare gli spazi abbandonati per permettere alle persone di frequentarli: lei ci dice che vanno lasciati così come sono. In che modo relazionarsi a uno “spazio di indecisione” ?

«Si tratta di modificare un modello culturale: le persone oggi sono abituate all’idea che un terreno abbandonato non vada bene, non sia bello. Ma una volta mostrata loro la ricchezza che c’è là dentro, una volta fatto un lavoro che parta dal disegno spaziale del luogo tale da mettere in scena questa ricchezza, allora le persone sono pronte ad accettarla».

A Lecce è in corso l’iter per l’approvazione del nuovo Pug. Lei frequenta la città da anni: in quale direzione, secondo lei, dovrebbe correre lo sviluppo urbanistico e paesaggistico?

«Innanzitutto, è importante che qualunque Pug consideri una dimensione pedagogica. È a partire da questa che le persone cambiano lo sguardo sulla loro città. In tutto il mondo c’è stata una grave perdita dell’insegnamento sul vivente, i cittadini oggi sanno utilizzare un computer ma non sanno dove abitano: non sanno, solo per fare un esempio, perché la Xylella sta divorando tutto qui in Puglia. Il futuro dell’umanità dipende da questa conoscenza. Una città ha bisogno di coltivare una dimensione pedagogica, e questa si può mettere in atto sia in un parco ben rifinito quanto in uno spazio abbandonato».

Il concetto di “terzo paesaggio” sembra tornare d’attualità qui nel Salento, a San Foca, dove è in corso una protesta contro l’approdo del gasdotto Tap. Che ne pensa?

«È un problema comune ovunque nel mondo si vogliano realizzare trasformazioni molto violente e brutali. Il punto è che non viene considerata per nulla l’idea di un decentramento energetico: ciascuno oggi potrebbe produrre la propria energia attraverso sole e vento e non ci sarebbe bisogno del gas. Il problema è che le multinazionali non potrebbero più vendere l’energia per cui voilà, si preferisce distruggere il paesaggio. Questa è una traccia concreta di quella che io chiamo “stupidocene”, l’epoca attuale iniziata nel diciottesimo secolo».

Argentina: «Generazione senza prospettive, così si diventa precari con la mente»

(Questo articolo è stato pubblicato con un altro titolo su Nuovo Quotidiano di Puglia, aprile 2017)

Argentina: «Generazione senza prospettive, così si diventa precari con la mente»

Vita e lavoro. Per un tarantino come lui, un binomio quasi obbligato e difatti Cosimo Argentina ne ha fatto la cifra principale della sua scrittura. L’autore ne ha parlato nella due giorni a lui dedicata all’Università del Salento, ospite del ciclo Working class. Seminari su fabbriche, lavoro e nuove scrittureorganizzato dal Centro di ricerca poesia contemporanea e nuove scritture. Dopo il focus sulle serie televisive, l’appuntamento è stato con l’indagine sui multiformi retroscena del lavoro avviata da Argentina. Il tracciato degli asfissianti vicoli di Taranto rossi come il ferro è la pista privilegiata dallo scrittore, così come le molte precarietà che danno una consistenza scivolosa al futuro di chi è giovane oggi. Argentina frequenta il mondo reale delle persone e dei luoghi in cui vivono, si pone in ascolto, sollecita una narrazione che scavi nel territorio autentico delle relazioni e delle scelte, che a un’ottica tanto ravvicinata appare naturalmente intessuto di contraddizioni e conti che non tornano. Un lungo filo rosso cuce così Taranto alla Brianza, dove vive e lavora come docente di Diritto ed Economia a scuola e a cui ha dedicato il romanzo Brianza vigila, Bolivia spera (No Reply 2006)

da “Il cadetto” (Marsilio 1999) a “Cuore di cuoio” (Sironi 2002), da “Maschio adulto solidario” (Manni 2008) a “Vicolo dell’accaio” (Minimum Fax 2013) – solo per citare alcuni dei suoi titoli più noti – si comprende quindi l’“humor nero” di Argentina, uno sguardo sulle cose che ha il sorriso tipico dell’intimità profonda e il ghigno della disillusione. Una “scrittura dinamite”, come è stata definita: graffiante, corporea, irriverente, sincera.

Lavoro e vita corrono di pari passo. Il protagonista di “Maschio adulto solitario” (2008) è un giovane precario alienato: è la precarietà a compromettere la possibilità delle ultime generazioni di sentirsi “adulte”?

«La precarietà in sé non è un male, è una posizione di passaggio se si vuole necessaria. Certo, io ho fatto 29 anni di precariato nella scuola, ma questo è un caso limite. La precarietà io la accetto, la prendo in considerazione e in esame: oggi non c’è più la possibilità di entrare alle Poste a 18 anni poste e uscirne a 65. Tuttavia, è essenziale che insieme alla precarietà ci sia la prospettiva di realizzare qualcosa, ed è questa che manca oggi. Se insieme alla precarietà non c’è la prospettiva, allora si diventa precari anche mentalmente, non ci si evolve, e questo percorso diventa una fregatura».

Parliamo di lavoro e ambiente. Nel ’59 Pierpaolo Pasolini di passaggio da Taranto la definì “la città perfetta”, pochi anni più tardi sarebbe stata inaugurata l’Italsider, poi Ilva. In “Vicolo dell’acciaio” (2010) lei racconta la devastazione della città operata dal colosso industriale. Il cambiamento è stato anche culturale?

«Certo. Il principale è stato far pensare ai tarantini che avrebbero avuto per l’eternità una sorta di stampella, e che non avrebbero dovuto sbattersi più di tanto perché, magari con una raccomandazione, avrebbero trovato un posto con dodici, tredici o quattordici mensilità. È morta di fatto l’idea di un coraggio imprenditoriale che puntasse a valorizzare un territorio che aveva già in sé le sue potenzialità. Ecco, questo è stato un effetto insieme culturale e di ulteriore impatto sul territorio».

Lei insegna Diritto a scuola. Che cosa le sta a cuore trasmettere ai suoi ragazzi, che tra qualche anno dovranno confrontarsi con il mondo del lavoro?

«Innanzitutto ripeto loro che ogni attività umana, anche la più pallosa, ha un risvolto piacevole che vale la pena di coltivare, per cui sarebbe bello se ci si disponesse ad affrontare il mondo dando spazio alla fantasia e al piacere. Poi, è importante cercare di fare qualcosa che piace e in cui si è bravi. Una volta si diceva “evita quella facoltà perché è satura, iscriviti a quell’altra così trovi lavoro”: oggi questi discorsi non hanno più senso. Meglio investire le proprie energie in qualcosa per cui si è portati e in cui, per questo, è più facile raggiungere un buon livello. E infine, cerco di far capire ai miei ragazzi che il periodo scolastico è essenziale perché è quello in cui loro creano il proprio stile personale, che si porteranno dietro tutta la vita, al di là dei singoli contenuti appresi a scuola».

Tornando ai suoi romanzi: c’è un progetto a cui sta lavorando ora?

«Sì, come faccio del resto da trent’anni in qua. Ormai scrivo 365 giorni all’anno, non so fare altrimenti. Al momento sto lavorando a una storia ambientata ancora una volta a Taranto, che riguarda un ragazzino delle medie. Il mio romanzo “Cuore di cuoio” aveva per protagonista un ragazzo delle superiori, “Maschio adulto solitario” uno che aveva appena finito l’università: mi mancava un pezzetto. Chissà che non arrivi un giorno a scrivere di un bimbo in culla».

Mastandrea: «Affronto i miei film come persona prima che da attore»

(Questo articolo è stato pubblicato con un altro titolo su Nuovo Quotidiano di Puglia, aprile 2017)

Al Festival del cinema europeo l’Ulivo d’oro alla carriera a Valerio Mastandrea, protagonista del cinema italiano impegnato e fuori dagli stereotipi

Mastandrea: «Affronto i miei film come persona prima che da attore»

Applausi per il cinema italiano impegnato, dissidente, quello “che non si basta” e continua a cercarsi oltre gli stereotipi d’immaginario. È questo il tributo che il Festival del cinema europeo di Lecce ha riconosciuto ieri alla carriera di Valerio Mastandrea, l’attore romano che ha interpretato molti dei migliori film d’autore degli ultimi vent’anni. Continua

Carlo Croccolo: «Totò maestro severo e inimitabile»

(Questo articolo è stato pubblicato con un altro titolo su Nuovo Quotidiano di Puglia, aprile 2017)

Carlo Croccolo: «Totò maestro severo e inimitabile»

«Consigli a chi comincia oggi? Gli direi di lasciar perdere. Nessun sostegno dai Governi a spettacolo e cultura»

È iniziata con un omaggio alla storia del cinema italiano la diciottesima edizione del Festival del cinema europeo, la manifestazione che per una settimana porta l’Europa sugli schermi del Multisala Massimo di Lecce. Ieri sera davanti a una sala gremita le proiezioni sono state inaugurate dalla consegna dell’Ulivo d’oro alla carriera, simbolo delle radici di Puglia, a una delle “radici” del cinema italiano, Carlo Croccolo, attore teatrale e cinematografico, storico partner di Totò in film memorabili come “Miseria e nobiltà” e “Signori si nasce” e anche suo doppiatore. Continua

Candido è il desiderio

Mario Desiati. Con “Candore” (Einaudi) una proposta di “riabilitazione dello sguardo” attraverso la pornografia

Chi arriva a “Candore”, l’ultimo romanzo di Mario Desiati (Einaudi 2016), da un passaparola pruriginoso resterà frustrato. Chi vi arriva cercando l’autore di “Ternitti” e “Il paese delle spose infelici”, resterà sconcertato. «Riesco sempre a deludere tutti» ironizza lo scrittore originario di Martina Franca, da sempre insofferente alle etichette e spinto piuttosto dalla necessità di sondare luoghi sconosciuti allo sguardo che dalla gratificazione di un itinerario già battuto. Così, dopo “Mare di zucchero” (2014) il libro che racconta ai ragazzi la storia degli albanesi approdati in Puglia, Desiati torna al romanzo per fare incursione nella galassia del porno. Nightclub, film hard, camere in affitto, panchine, ma anche solitari streaming video sono i set di questo viaggio dantesco tra i moderni lussuriosi. Continua

Lagioia: «Workshop, eventi off e musica: ecco il mio Salone»

Il neo direttore Nicola Lagioia anticipa le principali novità del Salone del libro di Torino 2017

Di professione fa lo scrittore, ma non c’è stanza della vasta casa dell’editoria che non abbia attraversato. Premo Strega 2015 con “La ferocia”, Nicola Lagioia è direttore della collana “Nichel” di Minimum Fax e, per anni, ha fatto anche l’editor; oltre a scrivere per Repubblica e Internazionale cura la rassegna stampa culturale di Pagina 3 di Radio 3; organizza manifestazioni culturali – l’ultima, “Le relazioni meravigliose”, a Bari dal 19 gennaio al 20 aprile. Il nuovo direttore del Salone del libro arriva a Torino con le spalle larghe e, per l’evento che si tiene dal 18 al 22 maggio promette cambiamenti importanti, a cominciare dalla rete di «reading, incontri e musica» disseminata per la città. Certo, il suo incarico coincide con un anno determinante per l’evento torinese, reduce dalla scissione con i grandi gruppi editoriali e destinato alla competizione con “Tempo di libri”, la Fiera dell’editoria di Milano, quest’anno alla sua prima edizione. Continua

L’atto politico del corpo in scena

(Intervista inedita, gennaio 2016)

Mario Perrotta, premio Ubu 2015, ha legato la propria opera a un impegno militante a favore degli ultimi, le “propaggini estreme” dei sistemi umani, al di là di astrattezze e retorica

L’atto politico del corpo in scena

Punto d’origine e destinazione ultima del vario transito dei sistemi culturali, il corpo è, sempre, materia politica, territorio in cui si realizza l’immemore negoziato tra uomini e donne, individui e comunità, cittadini e potere. Ogni cosa, spogliata delle costruzioni retoriche dell’umano, si origina nei lembi del corpo, e al corpo ritorna. Ben prima che il popolo delle femministe rivendicasse il portato politico dell’amore fisico, delle gravidanze, delle fatiche private, la “biopolitica” messa in atto dalle dittature rivelava la consapevolezza immemore di questo assunto. La suggestione abbagliante di migliaia di corpi in schiera, tenuti insieme come molecole di un’unica sostanza, o ancora la trasformazione operata sulla forma stessa del corpo da parte dei luoghi di contenimento, gli “Asylums” di foucaultiana memoria, ne sono alcuni esempi.

Quali sono stati i luoghi terminali della politica nell’anno funesto 2015, se non il corpo di Aylan, bambino, verticale e vivo, trasformato in un fagotto supino sulla sabbia, e di migliaia di altri come lui, quali, se non la carne esplosa dei kamikaze, se non quella trafitta da parte a parte dei giovani francesi del Bataclan, se non quella schiacciata dalle macerie dei cittadini siriani, oltre ogni retorica, oltre ogni manifesto politico?

Ne abbiamo parlato con Mario Perrotta, pluripremiato attore e regista teatrale (ultimo, l’Ubu 2015 per il Progetto Ligabue), che ha fatto della messa in scena del corpo il proprio atto politico. Continua

Un rapporto d’amore non risolto

Nicola Lagioia. Memorie feroci, presente da brand, il gatto Lunedì. Di Puglia, scrittura e altre nevrosi, a un anno dallo Strega
«Un rapporto d’amore non risolto»

Un anno fa, al Ninfeo di Villa Giulia, era stato il racconto affilato della Puglia e delle contraddizioni della sua storia recente a “consegnargli” quel liquore agitato a trofeo, e un sorriso altrettanto dorato.
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