Santa Cesarea tra turchi e turisti

(Questo articolo è stato pubblicato con un altro titolo su Nuovo Quotidiano di Puglia, settembre 2015)

Autori e città/3

Nel primo romanzo di Carmelo Bene la storia privata del Maestro, ospite nella casa paterna, trasfigurata nell’immagine di un assedio

Santa Cesarea tra turchi e turisti

Immobile, gli occhi fissi nello specchio, il profilo del volto precisato da un margine di sangue. Più tardi avrebbe apposto una candela ad ambo i lati – avanzo da palcoscenico o piuttosto cero da morto, chi sa. Un uomo si “non si guarda” allo specchio; intorno, un piccolo arsenale di oggetti assurdi delimita i confini di una stanza che non è una stanza, di una casa, anche quella, presa solo a pretesto, di una storia che non può essere contenuta nella dimensione canonica del “c’era una volta”. Per Carmelo Bene, quella casa era tutto fuorché la semplice ambientazione di una storia. Ne era, semmai, la “proiezione”, la sintesi perfetta tra il suo percorso di uomo e il genio d’artista, tra le tracce di un legame di sangue con il Sud e il suo rigetto.

Così, in quell’estate del 1964, la casa di Santa Cesarea Terme si accomiatò dall’immagine ordinaria di proprietà di famiglia per divenire, per tutti e per sempre, lo stra-ordinaria dimensione di “Nostra signora dei turchi”. Continua

La giovane fauna leccese, tra provincia e sogni

(Questo articolo è stato pubblicato con un altro titolo su nuovo Quotidiano di Puglia, settembre 2015)

Autori e città/2

Il viaggio di Pier Vittorio Tondelli a Lecce nel 1986 per il settimanale L’Espresso. I bar di piazza Mazzini, la musica dei Band Aid, il design innovativo dello Studio Atlantide: al centro del reportage il “salto” dallo stereotipo di “capoluogo oppresso”

La giovane fauna leccese, tra provincia e sogni

Lecce, estate 1986, ore 13.30. I raggi di un sole potente avranno arso le erbacce che corrono lungo la chiesa di Sant’Irene. Al Rione delle Giravolte un grosso pezzo d’intonaco si sarà forse staccato di schianto. Ma alle 13.30, nel cuore degli anni Ottanta, non importa: a piazza Mazzini è l’ora dell’aperitivo, e tutto ciò che a Lecce ha un qualche valore, sta accadendo qui, in questo “salotto sudamericano”, un quadrilatero di felicità ritagliato intorno al resto.

Tra lo scrosciare battente della fontana e le battute a voce alta delle comitive che presidiano gli angoli della mondanità, un ragazzo alto e occhialuto attraversa la piazza taciturno, con un taccuino in mano. A 30 anni ha già pubblicato tre romanzi e percorso l’Europa per raccontarla sulle pagine di riviste nazionali. “Notte raminga e fuggitiva lanciata veloce lungo le strade d’Emilia a spolmonare quel che ho dentro”: chi sa se quando aveva composto il memorabile incipit di “Viaggio”, racconto dell’opera d’esordio “Altri libertini”, Pier Vittorio Tondelli immaginava che il viaggio sarebbe divenuto uno dei cavalli di battaglia della sua carriera di giornalista e il principale leitmotiv del suo immaginario di scrittore. Continua

Via Ettore Polito

(Questo articolo è stato pubblicato con un altro titolo su Nuovo Quotidiano di Puglia, ottobre 2015)

Autori e Città/4

Nomi e luoghi rubati alla realtà e restituiti in forma di romanzo nelle storie del medico e scrittore di Francavilla Fontana, Brindisi tre volte in corsa al Premio Strega.

Via Ettore Polito

Al margine della radura, screziata del rosso dei corbezzoli, una solitudine bruna, ferma ed esatta, avvolge Cosimo Musci. Nel chiarore del giorno filtrato dai rami, ha trovato la concentrazione dell’attimo che precede lo sparo. Con gli occhi fissi sull’inconsapevole tordo, non sembra più il giovane maldestro affacciatosi il giorno prima nella bottega dell’armaiolo, ma un uomo fatto. Pensa al suo trofeo, il giovane Cosimo – un po’ spaccone con quello schioppo in mano e con le scarpe nuove ai piedi che gli fanno male – ma la sua fame è adulta.

Quando, molti anni dopo, avrebbero dedicato una via al nome di Ettore Polito, quello di Cosimo Musci sarebbe ritornato, insieme ai molti altri nomi e cognomi di compaesani che il medico-scrittore di Francavilla Fontana aveva sapientemente cucito nelle proprie storie. Continua

«Come una conchiglia». Taranto prima dell’acciaio

(Questo articolo è stato pubblicato con un altro titolo su Nuovo Quotidiano di Puglia, settembre 2015)

Autori e città/1

Una città di lidi e bagnanti che non esiste più nel reportage di Pier Paolo Pasolini per il mensile «Successo», estate 1959.

«Come una conchiglia». Taranto prima dell’acciaio

«Recarsi a Taranto, passare accanto all’Ilva, fotografare il cielo rosso che copre la città». Chissà che cosa avrebbe pensato, Pier Paolo Pasolini, se invece che nel 1959 avesse raggiunto oggi il capoluogo tarantino a bordo della sua Fiat 1100 e, da una qualunque prospettiva, a salutarlo fossero stati i fumi dell’enorme colosso industriale stagliato alto nel cielo. Quel cielo rosso di cui, oggi, persino una pubblicazione a finalità turistiche “consiglia” – sarcasticamente – la visione («101 cose da fare in Puglia almeno una volta nella vita», 2009, firmata dal tarantino Rossano Astremo).

Lui, che nell’estate del ’59 si lanciò nell’esplorazione della «Lunga strada di sabbia» della penisola italiana – questo il nome del reportage pubblicato in tre puntate, da luglio a settembre, sul mensile «Successo» – della città aveva notato piuttosto il mare, la vita sospesa dei vacanzieri e il mistero pneumatico degli occhi degli uomini, profondi e terribili come lo Jonio. Protesa su quel mare con le sue due penisole – di qua la città nuova, di là, gremita, quella vecchia – Taranto gli sembrava la città perfetta. «Viverci – scrisse – è come vivere all’interno di una conchiglia, di un’ostrica aperta». Continua

La poesia dietro le quinte del palco

(Questo articolo è stato pubblicato su GenerAzioni di scritture, luglio 2015)

Intento dissacratorio, spinta eccedente: “L’ultimo trovatore”, le opere letterarie di Carmelo Bene nello sguardo di Simone Giorgino.

La poesia dietro le quinte del palco

Uomo di teatro, cinesta, istrione televisivo? No, Carmelo Bene è stato prima di tutto un poeta. È questa la tesi con cui Simone Giorgino reinterpreta la produzione del grande maestro dell’arte scenica, tanto discusso quanto – se possibile – indiscusso: L’ultimo trovatore. Le opere letterarie di Carmelo Bene (Milella, 2014).

Ideologicamente de-genere, la scrittura di Bene lo è per intento dissacratorio quanto per spinta “eccedente” rispetto ai tradizionali confini di ambiti comunicativi e generi letterari. Partendo da questo assunto, Giorgino si sottrae alla tentazione di un’analisi dall’afflato universalistico, ma anche alla smania di stabilire nuove, minuziose catalogazioni laddove il Maestro aveva voluto che regnasse il caos, e concentra l’analisi sulle opere esplicitamente licenziate come “racconto”, “romanzo”, “poesia”: Nostra Signora dei Turchi, Credito italiano V.E.R.D.I., Pentesilea. Ovvero della Vulnerabile invulnerabilità e necrofilia in Achille, ‘l mal de’ fiori poema e l’inedito Leggenda. Continua

La scrittura che accade

(Questo articolo è stato pubblicato su GenerAzioni di scritture, luglio 2015)

Dai salotti romani alla campagna salentina. Citofonare interno 7, spitalità e convivio per fare della letteratura un’esperienza

La scrittura che accade

SCRITTURA E REALTÀ. I giorni che seguono dondolano caotici e distratti, tra le incombenze del riordinare. Arrivano i ringraziamenti e i congedi, il peso non più alato dei documenti scritti, cifre eterogenee di codici Jumbomail e numeri a piè pagina. Torna la necessità di dare un volto “adulto” alle grandi dichiarazioni mosse dall’emozione. Eppure tra prassi di rito, conti aperti e bilanci, echi sparsi della recente esperienza condivisa continuano a battere, in forma scomposta e un po’ fuori misura. Come un innamoramento che scombina tutte le carte, dando forma a dimensioni nuove in cui scegliere di stare. Continua