(Questo articolo è stato pubblicato con un altro titolo su nuovo Quotidiano di Puglia, settembre 2015)
Autori e città/2
Il viaggio di Pier Vittorio Tondelli a Lecce nel 1986 per il settimanale L’Espresso. I bar di piazza Mazzini, la musica dei Band Aid, il design innovativo dello Studio Atlantide: al centro del reportage il “salto” dallo stereotipo di “capoluogo oppresso”
La giovane fauna leccese, tra provincia e sogni
Lecce, estate 1986, ore 13.30. I raggi di un sole potente avranno arso le erbacce che corrono lungo la chiesa di Sant’Irene. Al Rione delle Giravolte un grosso pezzo d’intonaco si sarà forse staccato di schianto. Ma alle 13.30, nel cuore degli anni Ottanta, non importa: a piazza Mazzini è l’ora dell’aperitivo, e tutto ciò che a Lecce ha un qualche valore, sta accadendo qui, in questo “salotto sudamericano”, un quadrilatero di felicità ritagliato intorno al resto.
Tra lo scrosciare battente della fontana e le battute a voce alta delle comitive che presidiano gli angoli della mondanità, un ragazzo alto e occhialuto attraversa la piazza taciturno, con un taccuino in mano. A 30 anni ha già pubblicato tre romanzi e percorso l’Europa per raccontarla sulle pagine di riviste nazionali. “Notte raminga e fuggitiva lanciata veloce lungo le strade d’Emilia a spolmonare quel che ho dentro”: chi sa se quando aveva composto il memorabile incipit di “Viaggio”, racconto dell’opera d’esordio “Altri libertini”, Pier Vittorio Tondelli immaginava che il viaggio sarebbe divenuto uno dei cavalli di battaglia della sua carriera di giornalista e il principale leitmotiv del suo immaginario di scrittore.
Un dono: quello di saper cogliere l’anima esatta dei luoghi e di chi vi abita. C’era riuscito con la provincia emiliana, poi con la riviera romagnola nel best seller dell’estate ’85, “Rimini”, e con le capitali europee, fotografando le tendenze della giovane “fauna” degli anni Ottanta.
A Lecce Tondelli arriva per realizzare un reportage sugli spazi emergenti della “mitologia giovanile” per il settimanale L’Espresso, che verrà pubblicato il 14 settembre 1986 – casualmente, il giorno del suo compleanno – con l’eloquente titolo “Ragazzi di piazza”.
Se Bologna, Firenze, Venezia, Napoli sembravano tappe obbligate di questo viaggio, Lecce era il coniglio da estrarre dal cappello davanti a tutti coloro che in quel periodo faticavano a immaginare che esistesse vita sulla terra a sud di Bari.
Ma è sorprendente, per il lettore odierno, che il “qui e ora” impressionato da Tondelli prediliga gli aspetti di quel fermento che esploderanno nei dieci-quindici anni successivi, legando Lecce e il Salento alla “movida”, alla musica e a un circuito – seppur discontinuo – di creatività.
Via Palmieri, ad esempio: lo scrittore la riporta come “via della nuova imprenditorialità giovanile leccese”, negli anni della piena decadenza del centro storico, prima del massiccio arrivo dei fondi per la riqualificazione, come quelli del piano Urban, a metà anni Novanta.
A dare corpo a tale posizione è la presenza, al civico 42, dello studio “Atlantide-nuovi orizzonti”. Fondato da Francesco Spada – creativo, allora art director di Nuovo Quotidiano di Puglia – fu una delle suggestioni che richiamarono Tondelli: “Ciò che cercava – racconta Spada – erano nuovi punti di riferimento della cultura d’avanguardia in Italia, e io apprezzavo il suo modo di raccontarli, come un unico humus urbano”.
In questo, naturalmente, trovava spazio anche la musica. Seguendo le “dritte” del collega salentino di stanza a Bologna, Pierfrancesco Pacoda, Tondelli aveva cercato di ricostruire, anche per Lecce, una genesi e una genealogia di quello scarto. Le trovò, rispettivamente, nel “1977, con il mix A Tour in Italy dei Band Aid” e nel loro fondatore, Tony Robertini, poi trasferitosi e ritornato in patria con nuovi progetti underground. “Le cose più interessanti a Lecce sono tutte nate per iniziativa dei fuori sede” dichiara Robertini, e Tondelli, puntuale, segna: un’altra immagine che racconta, in anticipo sui tempi, il salto del Salento, nel caratteristico dialogo con il fuori, e con Bologna in particolare, che porterà ad esempio alla nascita dei Sud Sound System a fine anni ’80.
Ma lo scrittore, già emancipato dal divertimentificio della riviera romagnola, sa misurare il peso esatto della felicità leccese al sapore di “paste e pasterelle”: un peso aleatorio, costruito sulle finanziarie. La Lecce di sempre, dal cuore reazionario, che si scontra con il nuovo: a Tondelli non sfugge neanche un graffito neofascista che “scheggia” un parapetto, proprio difronte al bar Alvino.
Che cosa resta fuori da quel racconto della città? Nell”86 certo non poté ancora registrare il pacifico “ingorgo” del turismo di massa, come le molte comunità migranti, stabilitesi a partire dagli anni Novanta. Il “salotto sudamericano” di Piazza Mazzini oggi non è più il centro nevralgico della vita mondana, alcune attività – come il Bar Poker o l’Arnold’s – sono chiuse, mentre il fenomeno della “movida” si è radicato nel centro storico. Tuttavia, per l’immaginario leccese, il viaggio di Tondelli fu uno spartiacque: “l’immagine della Lecce di oggi stravolge il luogo comune di un capoluogo oppresso” suggeriva ai lettori, in conclusione dell’articolo. Impressioni memorabili di un cambiamento già in atto.