Quando Lecce suonava rock

(Questo articolo è stato pubblicato con un altro titolo su Nuovo Quotidiano di Puglia, maggio 2015)

La storia siamo ahinoi”, due giorni di musica e ricordi lungo la strada ostinata di una generazione di musicisti, quando il Salento non era ancora sinonimo di movida.

Quando Lecce suonava rock

Una provincia non ancora “dorata”, la sensazione di trovarsi in una palude di silenzio e una vitalità ostinata, tutta giovanile, a fare da controcanto. Ecco gli ingredienti che, negli anni ’70, crearono un’intera generazione di musicisti leccesi, giovani ormai cresciuti ma che non hanno perso la voglia di suonare e stare insieme. Così, venerdì e sabato prossimi a partire dalle 20.30 si ritroveranno a Villa Elena, in via Giuseppe De Roma 4 a Lecce, per la quarta edizione de “La storia siamo ahinoi”, una due giorni di concerti e ricordi promossa dalla casa editrice Città futura e dall’associazione Il nodo fatato. L’evento 2015 è dedicato a Romolo Gusella, scomparso prematuramente questa primavera, una carriera da funzionario governativo, ma che per “quei giovani” resterà sempre il fondatore dei Blow-up, storica rockband salentina.

Il ’68 era appena passato, il miraggio dei grandi centri europei splendeva luminoso più che mai e il “Sud del Sud” pesava senza alcuna mediazione sui sogni dei ragazzi. La musica, quella dei dischi che ci si scambiava e poi quella suonata dal vivo nei garage, trasformati in rudimentali sale prove (solo più tardi, nel ’76, arriverà la prima radio libera, Radio Lecce Giovane), divenne un’ancora di salvezza esistenziale e, più di altri, anche un mezzo di svecchiamento della città. In pochi anni fiorirono decine di band, ma loro, i Blow-up (Romolo Gusella, voce e chitarra, Gino Manno, basso e voce, Mario Limetti, chitarra, Raniero Abbaticola, batteria) furono i primi a fare “il grande salto”. A Lecce non passavano inosservati: “Avevano portato una ventata di beat generation da queste parti, dove all’epoca giravano solo canzoni melodiche o, tutt’al più, il folk leccese” ricorda Beppe Elia, “padre” della manifestazione che prende le mosse dal libro omonimo sulla storia del rock locale.

E non passarono inosservati neanche all’industria discografica: notati durante un concerto a Peschici da un talent scout della Rca, nell’autunno del ’70 i Blow-up furono invitati a Roma e lì registrarono “Free birds”, scritta da Romolo Gusella, che valse loro un contratto e diverse incisioni (Beautiful sunday, Pop corn, Blowin’ in the wind), cover di grandi canzoni internazionali, come era in uso all’epoca, e pezzi originali. Tra i giovani di Lecce e provincia divennero il segno tangibile che si poteva sfidare la forza di gravità della cultura.

Questa storia, e in particolare quella del fondatore Gusella, sarà protagonista della due giorni a Villa Elena: “Ci è sembrato doveroso dedicare la manifestazione a Romolo, un grandissimo autore – spiega Beppe Elia – di lui Mimmo Fazio ha scritto che era un po’ il quinto Beatle e davvero lo era, nel senso che si sentiva un Beatle. Famiglia a parte, in testa ha sempre avuto la musica. Anni fa aveva sognato che Paul McCarty veniva a trovarlo a casa sua: in quel sogno in un certo senso ci è rimasto tutta la vita”.

Una storia che oggi prosegue attraverso le nuove generazioni: ad aprire la manifestazione, venerdì, sarà infatti la Gusella rock’in band, gruppo che riuniva, da circa un anno, il cantante dei Blow-up e i suoi due figli adolescenti, e che vedrà, per l’occasione, la presenza di Elio Giordano, amico di vecchia data di Gusella nonché componente del primo nucleo dei Blow-up. Sul palco, venerdì, anche i nuovi progetti di Città futura: il Teatro canzone di Max Vigneri, Josh Chiriatti, Paolo Cesano, Simone Franco, e il concerto degli Anima Lunae di Beppe Elia. Sabato, invece, spazio ai ricordi direttamente dagli anni ’70, con i Blow-up in apertura, a cui seguiranno Forum, Klinkases, Drink & cigarettes club, Proxima.

Il primo anno è stata una cosa per “pochi intimi” – racconta Beppe Elia – dal secondo c’è stata un’esplosione di partecipanti, di tutte le età. Perché la nostra era una musica suonata veramente per passione, soltanto con il cuore”. La stessa passione che anima ancora oggi i ragazzi di allora, nonostante in mezzo scorrano quarant’anni: perché non c’è età che tenga quando si fa rock.