Dalla festa patronale al festival, il laboratorio degli immaginari bandistici

(Questo reportage è stato pubblicato con un altro titolo su Nuovo Quotidiano di Puglia, ottobre 2016)

Bande da giro pugliesi/2

Bande a Sud, cantiere d’ibridazione per musicanti tradizionali e pop band. Le formazioni rinate e quelle giovani. Gli esperimenti per avvicinare le nuove generazioni.

Dalla festa patronale al festival, il laboratorio degli immaginari bandistici

Portare la musica classica nelle strade, farla entrare nei cuori delle persone dal balcone di casa, e in quello dei ragazzi, con il potere di grancasse e ottoni che sfidano gli Ipod. La banda da giro è un prodotto tutto “made in Sud”, nato a fine Ottocento, si potrebbe dire, come “esperimento pop” per allietare la vita dei paesi bardati a festa nel giorno della festa patronale, o per accudirne il dolore, come un balsamo, in occasione dei funerali. Le note “alte” suonate fino ad allora solo nei teatri, luoghi invalicabili per il “popolino”, diventavano patrimonio di tutti, una vittoria celebrata dal tripudio un po’ scomposto di fiati e tamburi, esibita in lungo e in largo per le strade del paese, poi di centro in centro, da Orsara di Puglia, nel Foggiano, fino a Squinzano, passando per Acquaviva delle Fonti, Francavilla Fontana e per le altre storiche patrie della banda.

Oggi quella storia, che ancora resiste, si scontra tuttavia con la musica a portata di cd e Ipod, le discoteche e i concerti divenuti parte del lifestyle, l’evoluzione dei trend, in cui la musica classica trova un posto sempre più marginale. Ma la coltre di polvere che di tanto in tanto s’adagia sugli ottoni lucenti può volare via in un soffio, oppure divenire una magia iridescente se si attivano nuove alchimie. Il “laboratorio”, per restare nella metafora, è vasto e ha molte stanze.

Un esperimento riuscito si chiama “Bande a Sud”, che ha trasformato la festa patronale in un “festival degli immaginari bandistici”, nato a Trepuzzi e allargatosi negli ultimi anni anche ai comuni del circondario grazie alla collaborazione con il Gal Valle della Cupa e con l’Unione dei Comuni del Nord Salento. Un progetto di commistione che nel mese di agosto fa incontrare le bande da giro della tradizione pugliese con orchestre di altri Paesi e grandi nomi della musica italiana e internazionale “devoti” alla banda: tra gli altri, Goran Bregović e la sua Wedding and funeral band, Vinicio Capossela e la Banda della Posta, Renzo Arbore e l’orchestra italiana. «Vogliamo mettere al centro gli aspetti narrativi che accompagnano l’esibizione della banda – spiega il maestro Gioacchino Palma, musicologo e direttore artistico di Bande a Sud – del resto, la vita quotidiana delle associazioni di musicanti, la musica suonata in strada, l’assenza di distanza tra pubblico e artisti, tutti parte della stessa performance, sono sollecitazioni per un nuovo immaginario ancora oggi fecondo, legato in senso lato alla socialità».

Ma gli “esperimenti” di rinnovamento del mondo bandistico si consumano anche nella dimensione della festa patronale. Uno stratagemma comune è il “canzoniere”, una sorta di medley pop in cui entrano i brani più noti della musica contemporanea. È così che, dopo la parata delle composizioni della grande tradizione bandistica fatta di pezzi originali e grandi “hit” rubate all’opera classica arrivano i “fuochi d’artificio” con le musiche dei colossal del cinema, le composizioni di Ennio Morricone, le colonne sonore dei cartoni animati che sorprendono i bambini annoiati proprio quando, finiti noccioline e zucchero filato, vorrebbero tornare a casa, davanti alla tv sintonizzata sui programmi da zero a dodici anni. E invece ecco quelle canzoni conosciute a memoria arrivare proprio dalla cassa armonica illuminata a festa. E per non scontentare nessuno, c’è pure chi propone la top ten dell’estate o le nostalgie trasgressive dei Village People. Anche questo è un modo per far sopravvivere la tradizione bandistica nel terzo millennio.

Un altro è affidare le note antiche a facce giovani. Come il Concerto bandistico Terra d’Arneo-Città di Nardò, nato nel 2014, repertorio classico, una compagine di una ventina di musicanti dai venti ai quarant’anni – con in mezzo un paio di “vecchie guardie”- innamorati di Mascagni, Verdi e Puccini. E la nuova sfida di una scuola, per dare continuità al progetto che, spiega il capo banda artistico Daniele Ruggeri, attende solo l’ok dal Comune di Nardò per la destinazione di uno spazio ad hoc.

C’è, invece, chi ibrida l’immaginario bandistico tradizionale con quello legato al teatro. La Grande Orchestra del Salento–Lecce è un’orchestra lirico-sinfonica che, spiega la presidente Antonella Cozza, «sostituisce alcuni strumenti con le voci di quattro cantanti, baritono, soprano, mezzo soprano e tenore, a cui si aggiunge, da quest’anno, il coro Tito Schipa di Lecce, elementi che fanno la differenza, insieme al nostro repertorio».

Non è facile il lavoro dei musicanti che si affacciano oggi a questo mondo. Niente a che vedere con le bande storiche, regolarmente stipendiate – e che pure, tuttavia, hanno le loro difficoltà. Troppo pochi i soldi dei comitati festa, ridotte le occasioni per esibirsi. Resta l’emozione dell’esperienza, il suono della grancassa capace di far affacciare gli abitanti di una strada intera dalla finestra di casa, le mille storie da raccontare e il coraggio di quelle ancora da scrivere.

La Banda Città di Monteroni di Lecce, diretta da Marco Grasso

«Strumenti tradizionali, repertorio hollywoodiano»

Il gladiatore, I pirati dei Caraibi, Harry Potter, persino il Signore degli anelli. No, non siamo a Hollywood, ma alla festa patronale di un paesino del Salento, sulla cassarmonica qualche decina di ragazzi intona il main theme di un colossal adattato per fiati e tamburi, sotto, centinaia di coetanei impressionati dalla scena, che sembra quasi di stare in una multisala a mangiare poc corn.

La Banda Città di Monteroni di Lecce ha 25 anni, e non li dimostra nemmeno. Giovani, giovanissimi i circa cinquanta bandisti che si alternano tra processioni e palchi, giovane la musica che suonano, come quella che ascolterebbero in macchina o allo stereo di casa. «La nostra impronta è questa, un repertorio arricchito oltre alla musica classica, che piace soprattutto alle vecchie generazioni – spiega Marco Grasso, quarant’anni, da quattro direttore della banda – dopotutto, la banda ha la caratteristica di essere versatile, può suonare qualunque cosa, e noi lo facciamo.

Nel nostro repertorio abbiamo canzonieri pop, ad esempio dei Queen o dei Poo, musica da film, il Signore degli Anelli, Harry Potter, Il Gladiatore, I pirati dei Caraibi, oltre ai classici di Ennio Morricone, ma anche contaminazioni con la musica jazz e pezzi classici rivisitati oltre la consueta esibizione della banda. Ha avuto molto successo, ad esempio, la “Rhapsody in blue” di Gershwin in una versione per banda e pianoforte, in collaborazione con Vanessa Sotgiu. Un repertorio che aiuta a coinvolgere un pubblico più ampio, soprattutto nella seconda parte della festa, quando in giro c’è gente più giovane».

Marco Grasso ha uno spirito concreto. Del resto, di professione fa l’ingegnere, ha fondato una startup ed è abituato a raccogliere risultati. Nella sua “vita parallela” tra le note si è diplomato in direzione d’orchestra e composizione al Conservatorio di Bari, ha seguito corsi di perfezionamento a Siena e Vicenza e, a Taviano, con il direttore della banda della Guardia di finanza. È così che, dal chiuso dei teatri è passato al mondo itinerante delle bande da giro. La banda di Monteroni cercava un direttore giovane che sapesse comporre pezzi accattivanti, ed eccolo qui, oggi, a portare avanti l’eredità di un progetto nato con lo scopo dichiarato di coinvolgere i ragazzi.

«La banda di Monteroni nasce da un’iniziativa parrocchiale – racconta – in un territorio come quello di Monteroni, storicamente caratterizzato da micro e macro criminalità, per incanalare le energie dei ragazzi in modo creativo, insegnare loro uno strumento, ma anche a stare insieme. Quella stagione, inaugurata dal maestro Rocco, continua anche oggi: proprio quest’anno è stata istituita una banda della scuola, una sorta di “squadra primavera” che prepara sotto tutti gli aspetti i futuri bandisti».

Certo, difficile sperare di trasformare la passione della banda in un lavoro vero e proprio. Tutti i bandisti hanno un altro lavoro, e per le esibizioni percepiscono un rimborso spese dall’associazione di cui fanno parte. Tra processioni, cassarmoniche e palchi, però, c’è anche chi entra in Conservatorio, mette su una band, si mette in testa di campare di musica, e ci riesce. Ne sono passati in tanti, da qui. Il sassofonista Andrea Carrozzo, ad esempio, storico bandista di Monteroni, è stato ammesso di recente alla scuola di perfezionamento di Lione, superando aspiranti allievi di tutto il mondo, mentre Matteo Mazzotta, oboista, suona con l’orchestra della Rai.

Il Gran complesso bandistico “Santa Cecilia Città di Sogliano Cavour” diretto da Giancarlo Perrone

«Un obbligo morale studiare la banda tra i banchi di scuola»

Santa Cecilia, come la santa romana intorno alla quale si narra che risuonassero organi e canti. Santa Cecilia, protettrice dei musicisti, nel 1929 ispirò don Giuseppe De Pascalis, parroco di Sogliano Cavour. Fu così che il cuore del Basso Salento prese a battere al suono di fiati e tamburi. E ancora oggi, dopo una lunga pausa e la rinascita negli anni Ottanta, per il Gran complesso bandistico “Santa Cecilia Città di Sogliano Cavour” il suono antico della tradizione è un patrimonio del cuore da preservare e trasmettere alle generazioni. Il maestro Giancarlo Perrone lo rivendica con orgoglio. «Come la pizzica, la banda da giro è un fatto culturale tipico della nostra regione. Si può amarla o meno, ma di certo abbiamo l’obbligo morale di conoscere le nostre tradizioni: è questo il punto».

Il rispetto per il patrimonio culturale è un insegnamento che fa tutt’uno con il percorso di vita di Perrone. “Nato” sassofonista classico, ha studiato ai Conservatori di Bari e Monopoli prima di fondare una band di musica da camera di soli sax, “Mediterraneo saxophone quartet”. Nel frattempo, però, proseguiva la gavetta nella banda: per molti musicisti, spiega Perrone, suonare alle feste patronali è una palestra e un modo per sostenere gli studi, e così anche per lui la banda ha finito per essere una seconda casa per oltre vent’anni. Seguendo il maestro Giovanni Guerrieri, arriva a diventare il suo fidato “vice”, continua a studiare, si specializza in Strumentazione e Composizione per orchestra di fiati a Lecce e in Direzione d’orchestra con il maestro Leonardo Laterra Ingrosso, direttore della Banda centrale della Guardia di finanza. Da maestro inizia con l’Orchestra sinfonica di fiati del Salento, poi Città di Surbo, Città di Lecce Paisiello-De Giorgi, Grecia salentina, infine il lungo il “giro di banda” di Perrone quest’anno torna a Sogliano dopo una prima esperienza nel 2014.

L’idea, spiega, è di tenere i canzonieri “pop” che affascinano i più piccoli e fanno sorridere i grandi, dai cartoni animati a “Sofia” di Alvaro Soler, passando anche dalla famosa “Ymca” dei Village People, ma continuando a tenere alto sul palmo il repertorio tradizionale. Tutt’al più, andando a cercare nella storia della musica per banda le trascrizioni meno note, come “La forza del destino” di Verdi. Oppure, rinnovando il patrimonio nel rigore dell’eredità storica: così, tra le “new entry” della Banda di Sogliano, ci sarà quest’anno anche “L’avanzata”, una marcia composta da Perrone stesso.

Ma il punto, ribadisce il maestro, è preparare le giovani generazioni allo scoccare di una nuova scintilla d’amore. «Bisognerebbe studiare la banda a scuola. Ad oggi, purtroppo, la musica e la storia della musica sono marginali. Qualcuno si muove, ad esempio l’Orchestra jonico salentina con la quale tutt’ora collaboro organizza progetti ad hoc, e i ragazzi dimostrano di apprezzare». E chissà che Santa Cecilia, a cui la Banda di Sogliano dedicherà il primo concerto, il prossimo 27 novembre, non protegga il nuovo amore dei giovani per fiati e tamburi.

Giro di banda di Cesare Dell’Anna. Cuore tradizionale, immaginario ribaltato.

«Dalla pizzica alla fanfara dei Balcani, tutto sullo stesso palco»

Fiati e tamburi sono quelli di una volta, e pure l’atmosfera un po’ goliardica richiama la vita quotidiana delle bande tradizionali, quelle che un tempo “facevano casa” tra il pulmino usurato che le portava in tournée e la cassa armonica. Ma se il cuore è lo stesso, tutto il resto è aggiornato ai tempi dell’oggi, o meglio, ribaltato: dalla banda da giro ai “Giro di banda”, la band diretta da Cesare Dell’Anna che fonde il complesso dei musicanti con l’orchestrina di pizzica pizzica e la fanfara dei Balcani. Et voila, ecco servito un progetto difficilmente catalogabile, più vicino forse al mondo circense che non a quello musicale tout court, ma che proprio nello stupore di questa proposta fa divertire e ballare. Un po’ come si faceva una volta, quando in paese passavano i musicanti e i fuochi d’artificio inargentavano il cielo. Un progetto che, nelle intenzioni di Dell’Anna, è un omaggio alla storia culturale e sociale del Sud, allargato al Mediterraneo, ma richiama anche la sua propria storia familiare. «Vengo da una famiglia di bandisti, ho iniziato a suonare la tromba con la banda – racconta – quarant’anni fa pochi di noi avevano a casa lo stereo o il giradischi per poter ascoltare la grande musica, e tutto quello che abbiamo imparato è venuto grazie alle bande».

Da quel Cesare bambino, «fan sfegatato» di Puccini, al noto musicista e performer che è oggi, nel mezzo studi classici al Lecce e a Pescara, la collaborazione con l’Orchestra lirico-sinfonica della Provincia di Lecce e la creazione di progetti che fondono proposta musicale e invito a fare rete, da cui nascono, ad esempio, l’etichetta 11/8 Records e gruppo balkan degli Opa Cupa.

E oggi il giro di giostra, o di banda, sembra chiudersi lì dove la corsa era partita. «Nei Giro di banda ci siamo io, mio padre, mio fratello, mio nipote, e chissà che un giorno non arrivino i miei figli. Il mio mondo familiare che si fonde con tutte le storie musicali che attraversano il nostro territorio, da quella balcanica alla pizzica, dalla musica folk della famiglia Petrachi fino al rock e al jazz».

Un mix di generi e storie, che tra pochi mesi tornerà a unire sullo stesso palco l’eterogenea brigata dei Giro di banda con un nuovo disco in arrivo.