«Noi, trentenni, donne, con il sogno della ricerca nel Salento»

(Questo articolo è stato pubblicato con un altro titolo su Nuovo Quotidiano di Puglia, febbraio 2016)

Clover Therapeutics è una startup fondata da tre giovani ricercatrici che hanno messo a punto un sistema innovativo per la cura del tumore alla vescica. Già finalista del concorso BioUpper, ha ottenuto 95mla euro dalla Camera di Commercio di Bari

«Noi, trentenni, donne, con il sogno della ricerca nel Salento»

Per molti è un tramonto hawaiano e una tavola da surf, tanti altri lo tratteggiano su una mappa che abbraccia più continenti, per qualcuno, invece, il paradiso in terra ha luci al neon, provette, microscopi, nel recinto di pochi metri quadri. Per Vita Guarino, Ada Potenza e Valeria Rizzello, le chiavi del paradiso sono quelle del laboratorio in cui, tra una manciata di giorni, inizieranno a lavorare operativamente al brevetto di un sistema che potrebbe cambiare la vita dei malati di tumore alla vescica.

Se hai trent’anni e hai passato tutta la vita tra libri ed esperimenti, fare della ricerca il tuo lavoro è meglio di un sogno tropicale. Se vivi in Italia, poi, al Sud, saltare a piè pari le difficoltà della ricerca accademica e trasformare il bagaglio di conoscenze scientifiche in impresa, è una soddisfazione che ti si legge in faccia.

Avevano volti luminosi, le tre giovani ricercatrici, quando, martedì scorso, si sono presentate davanti al notaio per costituirsi ufficialmente in società. Clover therapeutics è una Srl iscritta al registro delle startup innovative, ed è anche il nome di un sistema di “drug delivery”, che permette di trattenere i farmaci chemioterapici il più possibile nella vescica, sostituendo il catetere, poco utile oltre che doloroso, con un piccolo impianto costituito da biomateriali, completamente riassorbibili.

Lo hanno progettato loro tre, ritrovatesi “compagne di banco” in un master biennale sull’imprenditorialità innovativa organizzato dal distretto Dhitech e finanziato con fondi europei. Un progetto “volato” tra i 19 finalisti di BioUpper, concorso per startup del colosso farmaceutico Novartis, e su cui ha voluto scommettere la giuria del premio Valore Assoluto della Camera di Commercio di Bari, che gli ha assegnato una “dotazione” di 95mila euro a fondo perduto.

«Nei due anni del corso al Dhitech abbiamo lavorato su diversi “business cases” – racconta Vita Guarino – eravamo un gruppo affiatato, e uno dei nostri progetti, in particolare, ci ha convinto. La settimana successiva alla fine del master eravamo già a lavoro».

Vita Guarino ha 27 anni viene da Campi Salentina, si è laureata all’Università del Salento in Scienze biotecnologiche, indirizzo farmaco-industriale, già durante la tesi frequentava i laboratori del Cnr Nano di Lecce, poi è passata al Cetma di Brindisi e, infine, al Dhitech. Valeria Rizzello è di Gallipoli, ha 32 anni e una carriera universitaria avventurosa: laureatasi in biologia all’Ateneo salentino, è volata a Norwich, in Gran Bretagna, per poi concludere con un dottorato in Immunologia all’Università di Messina. Ada Potenza, trent’anni tondi, viene da Mola di Bari, ha deciso di seguire le due salentine dopo essersi formata all’Ateneo barese, in Biotecnologie industriali e ambientali, e aver lavorato oltre un anno nello stabilimento di Modugno della società farmaceutica Merck Serono.

Medicina, farmaceutica, nanotecnologie: competenze complementari per il team di ex “compagne di banco”. Tra pochi giorni le tre ricercatrici si ritroveranno di nuovo fianco a fianco in laboratorio, in una struttura dell’area universitaria dell’Ecotekne, ancora “top secret” finché l’accordo per l’affitto non verrà formalizzato. In “dote”, 95mila euro per sostenere la messa a punto del brevetto.

«Abbiamo partecipato a varie competizioni, alla fine siamo approdate a Valore Assoluto – racconta Vita Guarino – dopo aver seguito un training in estate, abbiamo sottoposto il nostro progetto alla giuria, ottenendo un primo premio da 10mila euro. Siamo entrate poi nella seconda fase, ottenendo un finanziamento vero e proprio, da 85mila euro. Questi soldi ci permetteranno di sostenerci nel primo anno di attività, in cui puntiamo a brevettare Clover Therapeutics: una fase fondamentale per noi, perché per ottenere un brevetto solido bisogna corredare la domanda con più dati possibile. Parallelamente continueremo a svolgere un’incessante attività di fundraising. Abbiamo già in calendario appuntamenti con importanti investitori».

Una scommessa che insieme alla loro abbraccia, in qualche modo, anche quella delle giovani menti pugliesi, e delle donne, sempre più attive nel mondo delle startup innovative. «Sicuramente c’è un’affinità particolare tra noi, l’essere giovani, pugliesi, donne, provenire da un percorso simile di sacrifici e impegno, crea un’empatia fondamentale in un team – dichiara Guarino – certo, l’apporto specifico che ognuna, con le proprie competenze, dà al progetto, è basilare».

E basilare, precisa, è anche il “terreno” di opportunità su cui la squadra ha potuto impiantare il proprio impegno: «C’è chi dice che i finanziamenti a fondo perduto siano uno spreco di risorse: di certo, io so che senza un sostegno iniziale non avremmo potuto raggiungere quella “credibilità” che ci consentirà di presentarci agli investitori e camminare con le nostre gambe, che è poi quello che vogliamo fare».