Salento international

(Questi articoli sono stati pubblicati con altri titoli su Nuovo Quotidiano di Puglia, gennaio e marzo 2016)

Buen retiro contro la crisi o meta di lusso in masseria. I ricchi preferiscono la privacy dei paesini piuttosto che Otranto e Gallipoli, anche se spesso comprano un pied-à-terre a Lecce. Un sogno comune sono grandi spazi e terra per fare vino e olio. La convenienza del mercato attira disoccupati o pensionati dal Nord Europa

Salento international

Un buen retiro per la pensione o l’inizio di nuove avventure imprenditoriali, un piccolo angolo di paradiso low cost o un paradiso per intero, senza risparmio di spazio e comfort: in ogni caso, gli stranieri trovano nel Salento una provincia sempre più dorata. E se c’è chi arriva per concedersi una vita piacevole evitando la scure della crisi che colpisce anche i Paesi del Nord Europa, c’è anche chi “gioca” a fare il contadino per puro piacere, o ancora chi fa affari avviando attività ricettive.

Un dato è certo: gli stranieri sono una grandissima fetta di chi compra casa nel Salento, e contribuiscono in maniera significativa a tenere in salute il volume del mercato immobiliare.

È possibile tracciare un bilancio teorico-pratico della situazione intersecando i dati statistici con l’esperienza di chi lavora a diretto contatto con gli acquirenti.

Da una parte ci sono i costi contenuti, se raffrontati ad altre aree del Paese, che fanno decollare le compravendite, dall’altro ci sono tipologie costruttive particolari, dalle masserie alle ville in stile eclettico, che per la loro “tipicità” acquistano un potere attrattivo assoluto, dando luogo a un binario separato nel mercato degli immobili.

Secondo i dati dell’Agenzia delle entrate, nel 2014 il volume delle compravendite nel Salento è cresciuto in media dell’8,8 %, con picchi percentuali a tre cifre se si scende del dettaglio dei singoli comuni. È il caso di Diso, che dal 2013 al 2014 ha visto schizzare le vendite del 133,9 %, con 41 vendite contro le 18 dell’anno precedente. Lecce resta sempre vitale, con una variazione positiva del 17,5 %. Bene anche Gallipoli, Ugento, Santa Cesarea Terme.

Per comprenderne i motivi, si deve ancora una volta partire dai dati: quelli del Centro studi di Immobiliare.it evidenziano la convenienza, in questo momento, di un acquisto nel Salento, dove dal 2014 ad agosto 2015 i prezzi delle abitazioni si sono abbattuti del 7,6 %, superando il trend nazionale che ha visto un calo del 6,3 % dei costi, e arrivando a 1.231 euro al metro quadro, a fronte dei circa 2mila euro della media nazionale e dei 1.563 euro medi nel territorio pugliese. E non manca chi ne approfitta.

Lo sa bene Claudio Colaci, architetto, che opera soprattutto nella zona di Nardò: «Molta gente del Nord Europa perde il lavoro e, avendo un capitale da investire, viene qui, dove spende meno (a Nardò anche 400 euro al metro quadro) e vive bene. Dopo il boom degli inglesi, ora stanno arrivando anche gli americani, complice il pareggio del dollaro con l’euro».

Ragioni ben diverse, invece, muovono il mercato dei rustici e dei casali, che nel Salento coincide con quello delle masserie. Qui non è il risparmio ad attrarre i potenziali acquirenti, quanto la bellezza dei luoghi e delle strutture, che divengono centro magnetico di una clientela disposta a spendere. Lo hanno capito, già da tempo, proprietari e agenzie immobiliari. Tant’è che le quotazioni, secondo Immobiliare.it, sono aumentate del 9,3 %, in controtendenza con il resto del territorio, passando da da 1.193 a 1.305 euro al metro quadro. Ma si può arrivare anche a 5mila euro al metro quadro, come nel caso di una masseria del 1600 a Minervino di Lecce. A renderle delle “outsider” è, anche, la possibilità di farne un investimento vantaggioso, trasformandole in Hotel o “bed and breackfast di lusso”.

Il trend è da collegare direttamente con l’allure salentina a livello internazionale. E nella micro comunità che va allargandosi, sono numerose le personalità del jet set. Basti ricordare l’attrice premio Oscar Helen Mirren, oggi felice “contadina” nella sua masseria di Tiggiano, acquistata nel 2007.

Secondo il Centro studi di Casa.it, rispetto al totale della domanda di acquisto le richieste che arrivano dall’estero rappresentano il 45%, e nell’ultimo anno sono cresciute di ben 17 punti.

Intorno a loro, praticamente, si muove il mercato delle masserie: il 90 % degli stranieri ne vorrebbe una, o in alternativa cerca una villa, possibilmente in buono stato e, soprattutto, con annessi terreni coltivati. Mentre in termini assoluti, le masserie incidono del 30 % sulle richieste di acquisto, mentre il 60 % preferisce case comunque spaziose (oltre i 90 metri quadri), e solo il 10 % appartamenti sotto i 50 metri quadri.

Soprattutto stranieri, qualcuno dal Nord Italia, sono i clienti di fascia alta di Luana e Francesco Forni, dell’agenzia Med Lizard: «Cercano ambienti riservati, quindi non deve sorprendere che preferiscano i paesini a Otranto e Gallipoli, anche se magari acquistano un pied-à-terre a Lecce. Ciò che è importante per loro sono i grandi spazi, la possibilità di fare il vino e l’olio, magari raccogliendo le olive personalmente, cose che per noi significano fatica e per loro sono invece il vero lusso».

Così, il console italiano a Dubai, ad esempio, ha comprato un ex tabacchificio a Diso, l’imprenditore Pier Luigi Celli una masseria a Ruffano, lo stilista Francesco Russo una a Salve, la giornalista Natalia Aspesi una casa a Specchia, mentre l’ad di Hermes Henry-Louis Bauer ha scelto una villa eclettica “di rappresentanza” sulla costa jonica. Tutte proprietà che superano i 500.000 euro, e che arrivano anche a 2 o 3 milioni. Ma, nell’ottica dell’economia, si deve considerare anche l’indotto che acquisti del genere muovono, dalle maestranze per la ristrutturazione degli edifici al servizio di guardiania, ad esempio. «Certo, stupisce pensare che queste persone, che potrebbero vivere in qualunque parte del mondo, scelgano un minuscolo paesino del Salento – commenta Luisa Forni – evidentemente il silenzio, la bellezza dei luoghi sono un valore aggiunto di cui le Amministrazioni dovrebbero tenere conto, piuttosto che assecondare un turismo mordi e fuggi».

Daniel Michover, croato d’origine, per quarant’anni a Roma, si è trasferito a Nardò dopo la pensione

«Ritmi lenti, qui vivo senza stress»

Il ritmo lento del Salento colpisce ancora. Ha colpito lui, Daniel Michover, croato d’origine ma romano d’adozione, una vita passata a lottare contro i rintocchi accelerati della routine lavorativa, poi finalmente la pensione e la possibilità di far coincidere tempo esterno e tempo interiore.

«Sì, sono stati proprio i ritmi particolari del Salento a richiamarmi qui sopra ogni altra cosa – racconta Michover – ritmi lenti, rilassanti, così diversi da quelli di Roma che, sì, forse è la città più bella del mondo, ma è anche estremamente stressante. E diversi anche rispetto alla Croazia, che ha una cultura più in linea con quella del Nord».

Così, dopo quarant’anni trascorsi a Roma a lavorare nel settore della moda, cinque anni fa, giunta l’età d’oro della pensione, Michover non ha avuto alcun dubbio. Di tornare in Croazia non se ne parlava, di restare nella Capitale men che meno: nella mente, riaffioravano prepotentemente le immagini dei luoghi visitati in quel viaggio del 2009, «un viaggio fortuito, in inverno, per di più», che lo avevano così profondamente affascinato.

E la tentazione è diventata una realtà di vita. Un desiderio praticabile, che si incrocia a quelli delle molte altre persone di origine straniera che oggi affollano le viuzze lastricate del centro neretino, dandosi il buongiorno di primo mattino, ritrovandosi al mercato a scegliere accuratamente la spesa, o la domenica al bar, per acquistare le paste, fedeli più dei salentini stessi alle tradizioni del Sud.

Da cinque anni, la vita di Daniel Michover si svolge soprattutto a Nardò, dove ha acquistato una casa nel centro storico per il suo “buen retiro”. Un appartamento confortevole, per il quale ha speso, dichiara, infinitamente meno di quanto avrebbe fatto a Roma o in qualunque parte del Nord Italia.

«Nardò ha una posizione geografica quasi perfetta, è vicina al mare e non lontana da Lecce – commenta – qui mi trovo bene, il cibo nel Salento è buono e genuino, i salentini tutti, poi, sono persone disponibili, hanno tempo per gli altri, qui i vicini ti chiedono “come stai”, tutte cose che altrove si sono perse da tempo. A Roma era così fino agli anni Settanta, oggi non esiste questo modo di vivere e di relazionarsi. Trovo che sia un ambiente particolare anche rispetto ad altre zone del Sud: i siciliani, ad esempio, sono molto ospitali, ma anche intimamente diffidenti».

Luisa Ragni e David Antony Taylor hanno comprato un appartamento di 300 metri quadri a Galatina

«Quella casa, un segno del destino»

Un segno del destino, o almeno così hanno voluto che fosse. Una casa in rovina, il sogno veloce di una vita tranquilla da trascorrere tra mura luminose, poi una coincidenza fortuita – il destino? – ritrovare quella casa su un catalogo immobiliare. E così, Luisa Ragni e David Antony Taylor hanno celebrato, cinque anni fa, il loro “matrimonio” con il Salento.

Approdare a Galatina, per loro, è stato quasi un “atterraggio d’emergenza” dopo un volo caotico da una parte dall’altra della Puglia, senza trovare la casa dei propri sogni. Il momento era quello giusto, dopo che lui, regista di spot pubblicitari in Gran Bretagna, aveva scelto finalmente di andare in pensione. «Abbiamo cominciato a interessarci alla parte Nord della Puglia, dove vivono alcuni nostri amici – racconta Luisa Ragni – ma non ci siamo imbattuti in qualcosa che ci piacesse particolarmente. Poi abbiamo cercato anche a Ostuni, ma senza trovare nulla per noi. Abbiamo tentato la via del Salento: Galatina ne è un po’ il centro, oltre ad avere un centro storico meraviglioso, per questo ci è venuto in mente che avremmo potuto stare qui».

Ma dove abitare? La ricerca non è stata semplice neanche una volta approdati nella città salentina, date le esigenze della coppia. Poi, ci si è messo di mezzo il destino: «Una sera, all’uscita dal ristorante, abbiamo fatto una passeggiata e ci siamo ritrovati davanti a un vecchio stabile ridotto in rovina, vicino a una chiesetta, che ci ha immediatamente colpito, non saprei dire esattamente perché. – racconta – il giorno successivo era il nostro ultimo giorno a Galatina, siamo entrati nell’ultima agenzia, e l’ultima delle proprietà che ci sono state proposte era proprio quell’appartamento. Siamo andati a vederlo, e praticamente in mezzo alle macerie ci siamo detti: sì, è nostro».

La luce, lo spazio – 300 metri quadri – sono stati gli ingredienti della “magia d’amore”, poi è venuto il resto, l’amicizia con i “compaesani”, la buona cucina, il tempo per dedicarsi alla creatività – la signora Ragni realizza borse artigianali. In mezzo, certamente, c’è stata la possibilità di un buon capitale: «Sì, abbiamo speso molti soldi per questa casa, volevamo che fosse il nostro tranquillo angolo di mondo».

Peter Simon, stilista inglese, ha vissuto per anni a Milano, poi la folgorazione per il Salento. Kate Simon, sua sorella, ha scritto l’articolo del Guardian che ha innescato un passaparola internazionale

«Ho lasciato tutto per venire qui»

Lasciare tutto, il lavoro che si è scelto, una metropoli che è il cuore pulsante del proprio settore, una manciata di anni di vita legati a un luogo e a un “giro”. Ripartire da una casa: acquistarla, renderla a misura della propria creatività, farne il centro gravitazionale di una carriera rinnovata, con stimoli e ritmi differenti. Questa la storia di Peter Simon, stilista inglese di base a Milano per molti anni, che da circa tre vive in una spaziosa dimora nel centro storico di Nardò.

Per lui, il Salento è l’ultima tappa di un lungo, appassionato viaggio verso il Sud. Nato in Inghilterra a Stoke-On-Trent, la cittadina famosa per le sue ceramiche e per aver dato i natali alla popstar Robbie Williams, si è trasferito a Milano per lavoro, ma impegnandosi, comunque, in varie “prove tecniche” di avvicinamento alla provincia. La Toscana e l’Abruzzo sono state le soste principali di questa spola ininterrotta, poi, quindici anni fa, la folgorazione per il Salento.

«Mi sono innamorato, letteralmente – racconta Simon – al momento di partire mi sono ripromesso che un giorno sarei venuto a vivere qui, e così ho fatto. È stata una vera e propria scelta di vita, ho smesso di lavorare per avere il tempo di trovare una casa in cui sentirmi a mio agio, ristrutturarla e sistemarla come piaceva a me, e finalmente riprendere a lavorare, ma a distanza».

Se l’architettura, il mare, la vegetazione, i profumi, l’aria, la simpatia della gente sono state le suggestioni principali di questo “richiamo a Sud”, la convenienza degli immobili ha reso possibile la risposta. «La mia casa è di circa 100 metri quadri, con un terrazzo altrettanto esteso, qui mi sono ricavato lo spazio che mi occorre per lavorare e a un costo imparagonabile con Milano – spiega – vivo proprio accanto alla cattedrale, nel centro storico di Nardò: una dimensione umana, in cui potermi muovere a piedi, anche migliore di Lecce per me che ho vissuto per quarant’anni nelle città, e comunque non distante dal Capoluogo né dal mare».

L’amore, si sa, è contagioso. E così, lo scorso anno, un invito a trascorrere alcuni giorni nel piccolo angolo di paradiso ricavato a Sud ha dato luogo a un passaparola internazionale intorno al Salento. Sì, perché l’ospite in questione era Kate Simon, sorella di Peter, la giornalista del Guardian che, tornata in patria, ha firmato un lungo e appassionato reportage sui luoghi di ritrovo più affascinanti del «Sud della Puglia baciato dal sole».

«Da quando sono qui vivo una vita molto più tranquilla, tutti i miei giorni sono felici – commenta Simon – vorrei solo che i salentini si rendessero conto della bellezza della loro terra, e che avessero più rispetto per l’ambiente. Io passo moltissimo moltissimo tempo a pulire le spiagge, perché non sopporto di vederle deturpate dall’immondizia».

Vanessa Garside e suo marito, insegnanti inglesi, hanno comprato una casa in un quartiere popolare di Lecce

«Noi che abbiamo scelto il Salento quando ancora non era conosciuto»

Non cercavano una “Little UK” trapiantata nel cuore del Sud, Vanessa Garside e suo marito, quando undici anni fa sono arrivati a Lecce con la ferma intenzione di farne la propria dimora. Non la cercavano, interessati piuttosto a tuffarsi in avanti che a guardarsi indietro, e del resto, non avrebbero potuto trovare che qualche sparuto conterraneo al tempo del loro arrivo, di poco precedente il “boom” del Salento e l’allargamento progressivo della comunità di angolofoni sparsa per il territorio.

Due “pionieri”, si potrebbe dire, della corsa verso il Salento degli ultimi anni. Allora – erano i primi anni 2000 – le distese di uliveti solcate dai muretti a secco, le declinazioni di verde e azzurro dei due orizzonti marini a oriente e a occidente, erano immagini praticamente ignote ai più. Così, quando la signora Garside se le ritrovò davanti agli occhi, in un reportage televisivo, il senso di “esotismo” di questa terra arrivò raddoppiato: «Quella luce, quei colori, quel cielo così diverso dal nostro, sempre velato di nuvole, mi hanno fatto perdere la testa: letteralmente, non ci ho dormito la notte».

Lecce, aveva deciso in quello stesso istante, sarebbe stata la meta delle loro vacanze estive. Ma giunti qui la questione, piuttosto che risolversi, si è complicata: «Avevo un enorme desiderio di conoscere la città, di visitare le gallerie, i musei, di mangiare nei ristorantini, di parlare con gli italiani – racconta – e quando lo abbiamo fatto, ho capito che un viaggio non mi bastava, volevo venire a vivere qui». Due anni dopo, la coppia acquista una casa nel rione San Pio, non lontano dalla Chiesa dell’Idria. Per i due, entrambi insegnanti nella cittadina d’origine, è una vera e propria scelta di vita: lasciare il posto fisso per organizzare conversazioni in lingua, dare ripetizioni private e lezioni online, il tutto per poter “rincorrere il sole” sei mesi l’anno, e gli altri sei tornare in patria dove ci sono gli amici e la famiglia.

«Qui a Lecce, invece, non ci interessa frequentare gli inglesi – spiega Garside – vogliamo piuttosto imparare bene la lingua, conoscere la storia e il pensiero degli italiani. La nostra casa per noi è perfetta, a due passi dal centro storico, con un giardino e, soprattutto, circondata da vicini simpatici».

Vincent De Cat, belga, da alcuni anni fa la spola tra Bruxelles, dove lavora come consulente nel settore della comunicazione, e Nardò, dove ha comprato diverse proprietà.

«Costi ragionevoli per noi del Nord»

Stanze ampie come interi appartamenti di una qualunque metropoli, la luce intensa del Mediterraneo che filtra dalle finestre, l’idea di rifarsi una vita trasformando il proprio buen retiro in un nuovo lavoro. Inglesi, francesi, belgi, tedeschi, e tanti altri: anche a loro, gli stranieri colpiti al cuore dal Salento, si deve la vitalità del mercato immobiliare della provincia di Lecce.

Molti vi approdano dopo la pensione, fuggendo dalla frenesia e dai costi proibitivi della città, altri si trasferiscono per aprire un B&B, e giocare una scommessa imprenditoriale che fa il paio con una scelta di vita. E spesso la meta è insolita: non solo il capoluogo barocco, ma anche paesi e paesini, o la campagna dell’entroterra.

Vincent De Cat, belga, da alcuni anni fa la spola tra Bruxelles, dove lavora come consulente nel settore della comunicazione, e Nardò, dove ha comprato diverse proprietà. «Avevo delle amiche che conoscevano bene il Salento e me ne parlavano entusiaste – racconta – mi sono lasciato convincere a venire qui in vacanza, quando ho visto Nardò me ne sono letteralmente innamorato. Il barocco neretino toglie il fiato, e gli abitanti sono affabili, aperti, molto diversi da noi belgi, che tendiamo a essere silenziosi».

Dal colpo di fulmine alla decisione di “metter su casa”, il passo è stato breve: nel 2010 acquista una dimora nel centro storico insieme a un socio, regista teatrale, poco più tardi convince sua sorella ad acquistarne un’altra, più grande, con un bell’agrumeto. L’idea è sempre la stessa: ritagliare un approdo per sé, e allo stesso tempo ricavarne un introito, affittando i locali ai turisti, belgi in primis.

Nel 2013 la svolta vera e propria, con l’acquisto di una terza casa, più grande, con quattro camere da letto: dopo averla ristrutturata, il progetto è di farne un contenitore per workshop di teatro, corsi di cucina o di yoga. Il guadagno, in ogni caso, è superiore alla spesa: «I costi qui sono ragionevoli, forse per noi stranieri più che per gli italiani, me ne rendo conto – spiega De Cat – in Belgio, allo stesso prezzo, avrei comprato una casa in una regione periferica, in campagna. Il bello qui è che siamo a cinque chilometri dal mare, in una città splendida. E non nascondo che, dopo i terribili attentati di Bruxelles, mi è più difficile pensare di ritornare».