Da dove partiamo, dove siamo diretti

(Questo articolo è stato pubblicato su GenerAzioni di scritture, ottobre 2015)

Da dove partiamo, dove siamo diretti

Quale cultura/quale politica nel Salento? Il secondo Forum pubblico di GenerAzioni di scritture

Vocazione, aspirazioni e dialogo, le parole chiave da cui partire per fare della politica della cultura una politica per la cultura. Assumendosi la responsabilità di “esserci”, e nella convinzione che il centro magnetico di intelligenze ed esperienze eterogenee disserrato da GenerAzioni di scritture possa, e debba, avere un peso nel dibattito pubblico, la rivista ha rinnovato il proprio “patto” per un impegno attivo, militante, a servizio di una cultura vivente.

Quale cultura/quale politica nel Salento?” è la domanda che ha aggregato intellettuali, politici, cittadini, nel secondo Forum pubblico di GenerAzioni di scritture, tenutosi il 14 ottobre scorso alle Officine Cantelmo di Lecce.

Al dibattito, animato dal direttore Carlo Alberto Augieri, hanno partecipato Luigi Coclite, assessore allo Spettacolo del Comune di Lecce, la consigliera di Parità Filomena D’Antini Solero, in rappresentanza della Provincia di Lecce, e Gabriele De Giorgi, giornalista di LeccePrima e direttore di Salento Review.

Dopo aver scavato nella dimensione dell’etica – le nuove sfide dell’integrazione, non soltanto culturale, poste dalle “matite spezzate” di Charlie Hebdo – e della creatività – le istanze pullulanti dall’universo sotterraneo degli scrittori salentini – con l’ultimo appuntamento si è inteso dare un contributo attivo alla scommessa politica del territorio, scommessa che deve, necessariamente, essere condotta entro la sfera del collettivo, poiché altrettanto comune è la posta in gioco. Si è voluto interpellare i decisori, costruendo un “contenitore” che permettesse di accoglierne con attenzione le intenzioni e di porre loro domande, nella convinzione che chi assume la delega politica non possa prescindere da un confronto permanente e “di sostanza”, seppur anche aspro, con i cittadini.

Per il territorio salentino è un momento storico singolare: oggetto di un’attenzione vastissima, intensa, persino bulimica, dopo una longue durée di marginalità e “trasparenza”, rappresentante eccellente di un immaginario aureo e “pantagruelico” a seguito di un lungo ciclo che ha prodotto piuttosto memorabili volti stereotipi di povertà e sofferenza, come documentano, tra le altre, le opere di Vittorio Bodini, Anna Maria Ortese, Rina Durante.

Alle sue perle d’arte e ai suoi eventi, tuttavia, il flusso internazionale di turisti non sarebbe mai approdato senza quel processo di “rinascita culturale” che, dagli anni Settanta, ha visto il Salento rimettere in discussione il senso di quella identità, a partire dall’esplorazione del patrimonio immateriale della propria cultura popolare. Un’inquietudine propedeutica alla grande riappropriazione di sé tradottasi nell’inaspettato successo del “brand Salento”. Il cambiamento di un territorio è sempre, anche, una questione di immaginario.

La redazione di GenerAzioni di scritture ha sentito pertanto la necessità di continuare a interrogarsi, per evitare cristallizzare quell’immaginario, per continuare a smuoverlo, per aggiornarlo a un presente necessariamente dinamico.

D’altro canto, così come le idee hanno la facoltà di influenzare aspetti concreti della vita di un territorio – riqualificarne il paesaggio, opporsi alla corrosione dei palazzi – allo stesso modo si riconosce al complesso delle condizioni materiali un potere altamente condizionante sui processi culturali che lì vengono messi in atto. Raggiungere i grandi centri in cinque ore o in dieci, poterlo fare due volte al giorno oppure quattro non è la stessa cosa, così come non lo è avere la possibilità di viaggiare di domenica – o non averla, come è al momento – utilizzando i mezzi pubblici locali, solo per riferirsi al tema dei trasporti.

Se oggi, rispetto a qualche decennio fa, può dirsi superato il gap d’immaginario del Salento rispetto al resto d’Italia, altri gap restano e altri ancora si affacciano inediti, sollecitati dai cambiamenti del contesto. E tuttavia è importante saper dare un peso specifico a ogni singolo elemento di tale differenza, per poter distinguere le necessità concrete e stabilire le priorità strategiche in sintonia con l’idea di territorio che si abbraccia. Rinunciare a un’infrastruttura altamente impattante può significare, anche, investire su mezzi alternativi e d’avanguardia, che non mortifichino il paesaggio, per restare nell’esempio già richiamato dei trasporti.

Di tutto questo si è discusso nel Forum di GenerAzioni di scritture.

Così, alla domanda iniziale, posta dal direttore Augieri, “per la politica, la cultura che cos’è?” Filomena D’Antini Solero ha risposto richiamando la difficoltà di lavorare per la cultura nel contesto di emorragia finanziaria nel quale si trovano gli Enti di secondo livello, a seguito dei tagli ai trasferimenti statali. Situazione che a Lecce tocca direttamente Istituzioni storiche, che meriterebbero ben altre tutele, come l’orchestra Ico Tito Schipa, ma anche la biblioteca Bernardini e il museo Sigismondo Castromediano.

Un’altra questione si pone, invece, laddove il problema non sia la mancanza di fondi, quanto la necessità di distribuire le risorse in modo strategico. Luigi Coclite ha ricordato le iniziative del Comune di Lecce a sostegno della cultura e, in particolare, della lettura, che rientrano nelle iniziative per Lecce capitale della cultura 2015: tra queste, “Leccelegge”, festival della letteratura che ha “invaso” la città il 17 e il 18 ottobre scorsi, con performance dedicate a Italo Calvino, nel trentennale della scomparsa. «Il Comune è aperto a progetti eterogenei purché validi – ha dichiarato – ma c’è bisogno di maggior coraggio da parte degli stessi proponenti. Quel potenziale umano di creatività e competenze, che è vastissimo, spesso è timoroso verso la politica: il primo anno del mio assessorato, ad esempio, quasi tutti i progetti che mi sono stati presentati erano incentrati sulla pizzica».

Anche i cittadini sono responsabili, dunque, della “rottura” tra Amministrazioni e territorio? Gabriele De Giorgi ha assunto il compito di richiamare le criticità del fare politico che inibiscono la partecipazione. A Lecce scarseggiano i bandi pubblici per l’assegnazione delle risorse: la città tutta probabilmente farebbe di più, ha detto, se si percepisse un’interlocuzione maggiore.

Un gap nel gap è poi quello che tiene ai margini le periferie. All’ipotesi di uno scarso interesse da parte dei residenti, avanzata da Coclite, il direttore di Salento Review ha risposto rimarcando l’assenza di quella “infrastrutturazione culturale” che dà alla cultura la possibilità di essere agita attivamente: mancano centri sociali, le attività sociali sono spesso demandate agli Enti religiosi, non ci sono spazi decorosi attrezzati per le attività sportive, e il paradosso è che, mentre è impossibile giocare gratuitamente una partita di calcetto, lo stadio giace abbandonato per la maggior parte del tempo. Senza le basi per una partecipazione attiva, ha detto De Giorgi, si danno solo eventi, che non fanno cultura, e la cui imposizione dall’alto viene percepita e osteggiata dai cittadini.

D’altro canto, non è solo il mondo della politica, ma anche quello degli attori culturali, dall’Università alle associazioni, a peccare di autoreferenzialità: «Penso che sia necessario avviare un processo di rifondazione culturale generale della città» ha commentato De Giorgi.

Attivare il territorio, stimolare il contributo delle giovani generazioni, evadere dai confini della città, dalla sua condanna geografica di periferia, e porsi in dialogo con l’Europa: anche questo tema, sollevato nel corso del Forum, ha richiamato problematiche concrete, che definiscono il dentro-fuori della partecipazione. Sulla “grammatica” dei bandi europei, ad esempio, si gioca la nuova sfida all’alfabetizzazione nel terzo millennio. Carlo Alberto Augieri ha insistito, in particolare, sul “patrimonio dimenticato” rappresentato dai giovani. «Lecce ha un patrimonio più ricco dei suoi palazzi – ha detto – ovunque c’è chi scrive, chi fa musica, chi fa teatro. Ragazzi che hanno scelto di restare, pur sapendo che altrove avrebbero più chance di emergere. Ma sia nel mondo della politica che in quello della cultura, manca un’“etica dell’ascolto”». Che significa avere il coraggio di dare spazio alle competenze, ma anche aprirsi ai nuovi bisogni: occorrerebbero, ad esempio, figure che supportino gratuitamente la compilazione dei bandi europei, e ancora più efficaci sarebbero attività di formazione che forniscano competenze strategiche. Una proposta che ha incontraro il favore di D’Antini Solero, la quale ha abbracciato l’idea di un corso che possa poi mettere a disposizione degli Enti locali le competenze fornite agli stagisti.

«Vogliamo che i giovani siano felici di abitare qui – ha commentato Augieri – che non significa dar loro pub e situazioni pantagrueliche, quanto la possibilità di incidere attivamente sulla vita cittadina».

Porsi una domanda è segno evidente di qualcosa che manca. Ma quella di GenerAzioni di scritture ha inteso essere una domanda trasversale, indirizzata alla politica e alla società civile, poiché

se è vero che il potere di stabilire il percorso da intraprendere e le sue priorità è demandato ai decisori, è vero anche che spetta alla collettività tenere alta l’attenzione, indagare sulle premesse dell’agenda politica, riformulare ogni giorno la domanda, o le domande, che premettono la costruzione identitaria del territorio.

Il dibattito non finisce qui: chi voglia contribuire può farlo sul blog di GenerAzoni di scritture, www.generazionidiscritture.wordpress.com.