Diario Koreja. Un paese per il Santolivo (Aradeo, Lecce, luglio 2017)

(Questo testo è stato scritto per il Diario di Teatro Koreja)

Il richiamo viene da sterminati campi archetipi, da un tempo senza tempo in cui le radici del passato e le fronde nuove si intrecciano in innumerevoli punti di domanda. Le luci si spengono in piazza Camine, un faro illumina un balcone in alto, la tromba di Giorgio Distante chiama a raccolta la macchina dell’immaginario intonando il canto antico dei raccoglitori abruzzesi. «Nebbi’ a la valle nebbi’ a la muntagne / ne le campagne nun ci sta niscune / addije addije amore / casch’ee se coije / la live casch’a l’albere li foije»: porteremo con noi questa immagine per l’intera processione in onore del nostro Santolivo. Una suggestione di deserto e foglie caduche ci richiama alla ragione del nostro essere qui oggi, alla necessità del nostro racconto. Continua

Diario Koreja. Il Santolivo. Requiem per un albero (Aradeo, Lecce, luglio 2017) Diario 1

(Questo testo è stato scritto per il Diario di Teatro Koreja, Lecce)

La scena si apre su uno sterminato piano orizzontale di cui non vediamo la fine. Nessun palco, ma un tappeto di terra che si infila nei sandali e si posa sui vestiti quando si alza il vento.

Non ci sono riflettori, ma una canicola meridiana che toglie il respiro. Il nostro percorso verso la performance del 29 luglio parte da qui, un uliveto in contrada La Corte, nelle campagne di Aradeo.

Qualche centinaio di maestosi alberi che segnano immemori la mappa del tempo di questo angolo di Salento, sopravvissuti a tramonti e generazioni, che ci attendono immobili come statue di sale.

Continua

L’atto politico del corpo in scena

(Intervista inedita, gennaio 2016)

Mario Perrotta, premio Ubu 2015, ha legato la propria opera a un impegno militante a favore degli ultimi, le “propaggini estreme” dei sistemi umani, al di là di astrattezze e retorica

L’atto politico del corpo in scena

Punto d’origine e destinazione ultima del vario transito dei sistemi culturali, il corpo è, sempre, materia politica, territorio in cui si realizza l’immemore negoziato tra uomini e donne, individui e comunità, cittadini e potere. Ogni cosa, spogliata delle costruzioni retoriche dell’umano, si origina nei lembi del corpo, e al corpo ritorna. Ben prima che il popolo delle femministe rivendicasse il portato politico dell’amore fisico, delle gravidanze, delle fatiche private, la “biopolitica” messa in atto dalle dittature rivelava la consapevolezza immemore di questo assunto. La suggestione abbagliante di migliaia di corpi in schiera, tenuti insieme come molecole di un’unica sostanza, o ancora la trasformazione operata sulla forma stessa del corpo da parte dei luoghi di contenimento, gli “Asylums” di foucaultiana memoria, ne sono alcuni esempi.

Quali sono stati i luoghi terminali della politica nell’anno funesto 2015, se non il corpo di Aylan, bambino, verticale e vivo, trasformato in un fagotto supino sulla sabbia, e di migliaia di altri come lui, quali, se non la carne esplosa dei kamikaze, se non quella trafitta da parte a parte dei giovani francesi del Bataclan, se non quella schiacciata dalle macerie dei cittadini siriani, oltre ogni retorica, oltre ogni manifesto politico?

Ne abbiamo parlato con Mario Perrotta, pluripremiato attore e regista teatrale (ultimo, l’Ubu 2015 per il Progetto Ligabue), che ha fatto della messa in scena del corpo il proprio atto politico. Continua

Cercando Medea

(Questo testo è stato pubblicato sul sito internet dell’Accademia mediterranea dell’attore, accademiama.it, aprile 2016)

Diario della residenza artistica internazionale con il Teatro nazionale macedone di Skopje, Novoli-Lecce, 17-23 marzo 2016. Sulle tracce dell’eroina disperata, un seminario sulla complessità dell’umano

Cercando Medea

Ha perduto le perle dai capelli. Sul viso, solchi profondi segnano il percorso compiuto dal dolore. Ma venature di cretto hanno cicatrizzato le lacrime: ormai gli occhi sono asciutti, e fermi, davanti al proprio tempo futuro. Medea è più che mai dentro, eppure è già altrove dalla propria disperazione. Sono già trascorsi dieci anni nei suoi occhi, una vita intera, più vite, il destino di più generazioni che mai saranno. È solo un attimo, prendere il pugnale. La determinazione della morte è un’energia fulminea e senza peso. Eppure è un tempo gonfio, il suo, immenso, quanto la vita che porta con sé,indietro e in avanti, quanto l’amore dato fino allo sperpero, e che in qualche modo, miserevole, disperato, continua a darsi. Pretendere che sia reso indietro l’amore non è forse anch’esso, ancora, segno d’amore?

Medea non è solo donna dalle energie assolute, è donna dalle energie complesse.

Porci sulle sue tracce è stato un seminario sulla nostra propria complessità di esseri umani. Continua

La dimensione del corpo

(Questo testo è stato pubblicato sul sito internet dell’Accademia mediterranea dell’attore, accademiama.it, dicembre 2015)

Teatro come relazione erotica. Un seminario con Mario Perrotta, Lecce, novembre 2015

La dimensione del corpo

Prima di subire la conformazione di una lingua, prima di avere in consegna un’identità incartata in un documento d’anagrafe, siamo nati con un corpo. Prima della voce e della parola, prima dei nostri nomi e cognomi, viene il nostro corpo. Ciò che accade dopo, e intorno, e oltre, è un’ontologia fuori misura per questo palco. Ciò che, sullo scricchiolio di queste assi, dice senza preamboli o postille “io sono”, è il peso e il palpito del nostro corpo.

Ci stranisce che a sostenerlo sia Mario Perrotta, che ha fatto della narrazione la cifra stessa del proprio lavoro. Più tardi capiremo, quando la voce – e i discorsi che vi si posano – verranno fuori naturalmente come una boccata d’aria o un gemito liberato. Continua

La poesia dietro le quinte del palco

(Questo articolo è stato pubblicato su GenerAzioni di scritture, luglio 2015)

Intento dissacratorio, spinta eccedente: “L’ultimo trovatore”, le opere letterarie di Carmelo Bene nello sguardo di Simone Giorgino.

La poesia dietro le quinte del palco

Uomo di teatro, cinesta, istrione televisivo? No, Carmelo Bene è stato prima di tutto un poeta. È questa la tesi con cui Simone Giorgino reinterpreta la produzione del grande maestro dell’arte scenica, tanto discusso quanto – se possibile – indiscusso: L’ultimo trovatore. Le opere letterarie di Carmelo Bene (Milella, 2014).

Ideologicamente de-genere, la scrittura di Bene lo è per intento dissacratorio quanto per spinta “eccedente” rispetto ai tradizionali confini di ambiti comunicativi e generi letterari. Partendo da questo assunto, Giorgino si sottrae alla tentazione di un’analisi dall’afflato universalistico, ma anche alla smania di stabilire nuove, minuziose catalogazioni laddove il Maestro aveva voluto che regnasse il caos, e concentra l’analisi sulle opere esplicitamente licenziate come “racconto”, “romanzo”, “poesia”: Nostra Signora dei Turchi, Credito italiano V.E.R.D.I., Pentesilea. Ovvero della Vulnerabile invulnerabilità e necrofilia in Achille, ‘l mal de’ fiori poema e l’inedito Leggenda. Continua